“Ancora una volta un rapporto internazionale ci fornisce dati che confermano il ritardo del nostro paese sulla capacità di garantire ai giovani occasioni di studio e di lavoro che gli forniscano le competenze necessarie a vivere e lavorare dignitosamente nella società odierna”. Lo dichiara il Segretario confederale della Cisl, Angelo Colombini. “Il numero di NEET e cioè di giovani che non studiano, non si formano e non lavorano, secondo il rapporto che verrà presentato al World Economic Forum a Davos, che comincia oggi, ci relega nella parti basse della classifica degli 82 paesi considerati. In particolare siamo al 56° posto per il numero di giovani inattivi tra i 15 e i 24 anni, e al 74° posto per la formazione continua. Secondo i dati Istat del 2018 i Neet tra i 15-29 anni sono circa 2 milioni e 116 mila (23,4% contro il 12,9% della Ue a 28).
Per la Cisl non è più rinviabile l’adozione di politiche strutturali per combattere la dispersione scolastica e ridurre gli ancora troppo marcati divari territoriali nel nostro paese, così come il rafforzamento del raccordo tra istruzione, formazione e lavoro per accrescere le competenze e le opportunità occupazionali dei giovani e degli adulti. È necessario avviare al più presto con il Ministro dell’Istruzione ed il Ministro del Lavoro un tavolo di confronto per affrontare insieme alle parti sociali temi strategici per la crescita e lo sviluppo del nostro Paese a partire dall’adozione di un Piano Nazionale di garanzia delle competenze, che garantisca a giovani ed adulti l’effettività su tutto il territorio nazionale di servizi di accoglienza, presa in carico, profilazione, offerta di formazione e lavoro, valutazione e certificazione delle competenze possedute. Mettere in rete i servizi esistenti sul territorio è fondamentale per intercettare quegli individui fuoriusciti dal sistema scolastico e di formazione, che hanno perso il lavoro, per rimotivarli e fornire loro le conoscenze e competenze idonee a reinserirsi nella società e nel mercato del lavoro. Il nostro paese non può permettersi questo spreco di capitale umano. Ancora una volta nella legge di bilancio, da poco entrata in vigore, si è persa un’occasione importante per tracciare un cambio di rotta con investimenti adeguati sui comparti della conoscenza, come da noi richiesto da anni.
Con risorse limitate che permettono una gestione ordinaria dello status quo non possiamo pensare di stravolgere i numeri ai quali le statistiche internazionali ci condannano”.