2022-04-26 07:00:00

iportiamo il testo dell'intervista alla segretaria generale CISL Scuola, Ivana Barbacci, che compare sul numero di aprile della rivista "Tuttoscuola".

Ivana Barbacci è la nuova segretaria generale della Cisl Scuola. Ha 52 anni, sposata e con una figlia studentessa universitaria, è nata e risiede in Umbria. Laureata in pedagogia, è insegnante di lettere nella scuola secondaria di I grado. Membro della segreteria nazionale, insieme a Maddalena Gissi, dal dicembre 2015 ha ricoperto l’incarico di segretaria organizzativa, diventando segretaria generale aggiunta nel luglio 2021. Persona gentile, visionaria e perciò capace di generare motivazione e senso di partecipazione alle decisioni, durante il nostro piacevole incontro ha approfondito le sfide attuali e future per lo sviluppo del sistema scolastico e indicato alcuni punti fermi. La Segretaria Generale Barbacci ha parlato delle ricadute della pandemia, del rinnovo del contratto, del reclutamento del personale docente e della valorizzazione delle esperienze maturate dal personale precario, della professionalita e della carriera del personale docente, delle condizioni di lavoro del dirigente scolastico, del personale ATA, del ruolo del sindacato. Infine ha auspicato una rinnovata partecipazione democratica in un’ottica strutturale e non emergenziale declinata sui parametri dell’innovazione continua.

Segretaria Barbacci, quando ha saputo che sarebbe diventata segretario generale della Cisl Scuola? È preoccupata per le nuove responsabilità e per il ruolo che dovrà giocare nel panorama istituzionale scolastico?
«Si è trattato di un progetto politico costruito nel tempo, una stretta comunanza di obiettivi e di intenti ha permesso a Lena Gissi di innestare su basi solide la sua successione. L’organizzazione è stata coinvolta in un percorso che ha visto, lo scorso luglio, la mia elezione alla carica di segretaria generale aggiunta. Un segno di condivisione a partire dal quale si è arrivati con grande serenità, direi con naturalezza al congresso di Riccione».

La strategia sindacale della Cisl Scuola sarà quella già in atto o ci saranno novità?
«La CISL Scuola ha punti fermi di riferimento: il valore della partecipazione e del confronto, il primato della contrattazione, la ricerca di risultati concreti per la categoria, la confederalità. Su questi ha costruito strategie che non cambiano, anche se non sono mai statiche e preordinate. Confermati gli obiettivi, si avrà un normale aggiornamento di strumenti e modalità operative, specie nel campo della comunicazione».

Da tempo molti ritengono che le organizzazioni sindacali, da punta avanzata per il cambiamento, stanno diventando la retroguardia corporativa della scuola. È vero? Se no, perché?
«Il rischio può esserci se ci si ripiega su sé stessi. Per questo puntiamo sempre a rafforzare il legame tra la scuola e la comunità in cui agisce. Direi di più, puntiamo a un’alleanza tra chi fa la scuola e chi deve percepirla come un bene comune da difendere e valorizzare. Guardiamo quanto è accaduto con l’emergenza pandemica: la CISL Scuola ha assecondato lo sforzo di generosità e dedizione di cui il mondo della scuola si è reso protagonista, facendo dell’emergenza anche un momento di innovazione da valorizzare in prospettiva. Credo che il mondo della scuola abbia buoni motivi per essere orgoglioso del proprio lavoro, che merita di incontrare più considerazione e apprezzamento».

Quali luoghi comuni sono particolarmente dannosi e ostacolano l’introduzione di politiche condivise per la scuola e gli insegnanti?
«Il peggior “luogo comune” è la convinzione che la scuola non sia piu necessaria per realizzarsi nella vita. La realizzazione personale, professionale e anche economica delle giovani generazioni si vorrebbe affidata ad altri contesti. Si diffonde la convinzione che essere culturalmente preparati valga poco in una società che consuma in fretta prodotti e modelli di vita. A scuola sembra ci si vada più per tradizione che per convinzione: una deriva culturale e direi anche morale che sta alla radice di politiche scolastiche molto spesso inadeguate negli ultimi vent’anni».

Qual è la posizione della CISL di fronte alla necessità di “un’altra scuola” rispondente alle esigenze di una società “diversa” da quella nella quale si è sviluppato l’attuale sistema scolastico?
«La scuola e prima di tutto di chi la frequenta. La società attuale, prevalentemente adulta, fatica a mettere a fuoco le proprie responsabilità rispetto alle nuove generazioni. La scuola si trova spesso ad agire entro schemi cristallizzati, costretta a rispondere a logiche purtroppo estranee ai processi educativi e formativi: penso alla pressione di modelli più individualistici che personalistici, di esasperata competizione. Credo occorra ripensare il modello dell’autonomia scolastica rimettendo al centro la progettualità educativa. E soprattutto che la politica abbandoni la sua autoreferenzialità quando parla e decide di scuola».

Quale è la sua visione della scuola, come continuerà la sua “battaglia” a sostegno dei docenti e della loro funzione, per un nuovo modello di carriera e riconoscimento del merito?
«La CISL Scuola tutela il personale scolastico avendo molta cura anche degli studenti e del loro benessere. Chi lavora nella scuola svolge una funzione delicatissima ma anche straordinariamente bella; liberiamola da eccessi burocratici rimettendo al centro il ruolo educativo, puntiamo ad appassionare gli alunni, costruiamo un’alleanza solida tra scuola, studenti e famiglia. La valorizzazione delle carriere è un obiettivo contrattuale che deve coinvolgere tutti i protagonisti della comunita scolastica, guai se venisse percepito come fattore divisivo. Per questo preferirei parlare, piu che di “merito”, di particolari profili di impegno. Fermo restando che vi e la necessita di una generale rivalutazione, per tutti, di trattamenti economici che riflettono la scarsa considerazione riservata, al di là delle parole, a chi lavora nella scuola».

Essere dirigente scolastico, docente oggi: cosa è cambiato? cosa serve per aumentare la professionalità docente, dirigente? cosa allineerebbe lo status dei dirigenti scolastici e dei docenti italiani con quello dei loro colleghi?
«Mancano da anni progettualità e organicità di percorsi formativi comuni e permanenti pensati in coerenza a un modello di scuola e quindi anche di dirigenza. I dirigenti sono stati costretti a occuparsi di modelli organizzativi piuttosto che di leadership educativa, oberati di incombenze e responsabilità di ogni genere, in molti casi del tutto improprie. Salvo allettarli, di tanto in tanto, con suggestioni manageriali che rischiano di farne la controparte rispetto alle altre componenti professionali della comunità scolastica. Ai docenti si chiede di svolgere un ruolo di supporto sociale più che educativo-formativo, del personale ATA molti trascurano l’importanza. Il modello di “comunità educante” è il più congeniale per valorizzare lo specifico di ogni profilo professionale, a beneficio della qualità e dell’efficacia dell’offerta formativa e, di conseguenza, del livello di apprezzamento riscosso dalla scuola e dal suo personale».

Quali strategie suggerisce al governo e ai decisori politici per migliorare l’efficacia attuativa del PNRR?
«Immaginare la scuola come un grande cantiere, in cui tutti i soggetti che la vivono sono parte attiva nella realizzazione del “progetto complessivo”. Solo dopo aver pensato ed elaborato il progetto complessivo si potrà dare avvio alla realizzazione infrastrutturale materiale e immateriale. Ogni nuova infrastruttura (materiale o immateriale) se non fortemente connessa con il progetto iniziale sarà destinata a crollare nel giro di poco tempo».

(Intervista a cura di Alfonso Rubinacci)

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