Educazione civica: la carta fondamentale di Carlo Marconi
La Legge n. 92 del 20 agosto 2019 sancisce, come ben sappiamo, l’introduzione dell’insegnamento scolastico dell’Educazione Civica; le Linee guida del giugno scorso ne precisano i confini entro cui muoversi.
Da qualche tempo è in corso il dibattito sull’opportunità e sulla validità di un’operazione di questo tipo, che ha aperto la strada a considerazioni anche di carattere politico. Ci si chiede se era davvero necessario reintrodurre nella scuola una disciplina che, quanto meno nella dicitura, apparentemente ci riporta indietro di anni, ma che nella pratica didattica non era mai scomparsa.
Se andiamo a ritroso nel tempo, infatti, scopriamo che l’educazione civica era stata introdotta nella scuola italiana più di 60 anni fa. Erano i tempi in cui ministro della Pubblica Istruzione era Aldo Moro, Padre Costituente, che auspicava come fondamento della nuova disciplina il raggiungimento, da parte degli allievi, della consapevolezza che “la dignità, la libertà, la sicurezza non sono beni gratuiti come l'aria, ma conquistati”.
In tempi più recenti era stata adottata la formula di “Cittadinanza e Costituzione” e adesso si torna all’antica denominazione attraverso una legge che non prevede costi per lo Stato e che affida ad un docente coordinatore la responsabilità di raccordare un insegnamento affidato ai vari componenti del Team docente o del Consiglio di classe.
C’è davvero bisogno di contingentare questa materia in pacchetti orari di insegnamento con tanto di impalcatura valutativa?
Il docente attento e scrupoloso potrà obiettare che l’educazione civica viene praticata quotidianamente, in ogni ordine di scuola, in ogni singolo momento della giornata scolastica. Laddove si collabora al buon funzionamento della classe, si strutturano insieme regole per convivere democraticamente, si condividono riflessioni, si fa Educazione Civica; nei contesti in cui ci si educa all’ascolto reciproco, a saper intervenire nel rispetto dei turni e delle opinioni di ciascuno senza prevaricare gli altri, si fa Educazione Civica.
E si fa Educazione Civica anche quando si ha cura dei materiali a noi affidati, dei luoghi e degli ambienti in cui si svolgono le attività.Sono, tutte queste, azioni quotidiane che rientrano nella normale routine scolastica e che non giustificano l’adozione di un provvedimento legislativo che sembra quasi spingere la scuola a diventare luogo di formalismi, dove regnano i nobili sentimenti e le buone maniere.
In realtà che cosa porta di nuovo questa legge?
Abbandono la tentazione di addentrarmi in considerazioni di carattere tecnico e specialistico e provo a lasciarmi “contaminare” dalle suggestioni del lessico.Leggo la parola “Costituzione” e, mentre la assaporo, penso che sarebbe un’occasione straordinaria e importante se dietro la spinta di questo dettato normativo riuscissimo a proporre ai nostri scolari, già dalla scuola primaria, lo studio dei Principi Fondamentali della nostra Carta a partire dalla storia che ha portato alla stesura e alla nascita di questo testo meraviglioso. Prendiamo coraggio e raccontiamo ai nostri alunni quella storia nel cui tessuto affondano le radici della nostra democrazia. In tempi in cui i testimoni diretti stanno ormai scomparendo, tocca a noi insegnanti parlare, ai nostri bambini e ai nostri ragazzi, di dittatura, di fascismo, parola che a nominarla sembra creare sempre più imbarazzo; spetta a noi aprire dibattiti e riflessioni sul valore dei diritti umani e sulle tragedie che hanno portato a vedere calpestati tali diritti; è compito nostro raccontare la guerra, la Resistenza, la liberazione e l’affermazione di valori come la pace e la libertà.
Dinanzi all’espressione Sviluppo Sostenibile e alle tematiche dell’educazione ambientale e della tutela del patrimonio e del territorio, sento risuonare i “Versicoli quasi ecologici” di Giorgio Caproni e il suo monito a non soffocare “il lamento del lamantino”, piccolo mammifero a rischio di estinzione, perché la Terra e i suoi abitanti tutti sono un dono da custodire.
“Cedi la strada agli alberi”, suggerisce Franco Arminio, poeta dei luoghi e dei paesaggi, invitandoci alla lentezza, alla cura e a sguardi attenti.
Ma lo Sviluppo Sostenibile, oltre alle problematiche di natura ambientale, invita ad affrontare temi cruciali che riguardano i diritti fondamentali delle persone.
Come possiamo, allora, non cogliere l’opportunità per affrontare con i nostri alunni, in modo serio e onesto, nell’ottica di un principio di uguaglianza, la questione dei flussi migratori? Come non sfruttare la possibilità di aprire spazi di studio e di approfondimento su questo fenomeno epocale, intersecandolo con i temi dei cambiamenti climatici, dell’iniquo sfruttamento delle risorse, del degrado ambientale?
E la Cittadinanza Digitale come può non richiamare alla mente i duri mesi del lockdown?
Fino allo scorso inverno l’utilizzo dei computer a scuola, e penso in modo particolare alla scuola primaria, veniva avvertito da molti come un vezzo di modernità, una moda, un voler stare al passo coi tempi di un pianeta che corre a velocità esponenziale. Oggi abbiamo toccato con mano quanto sia diventato ormai irrinunciabile educarci ad un uso consapevole degli strumenti tecnologici.
Nell’Enciclica Laudato si’, Papa Francesco scrive che: “i grandi sapienti del passato, in questo contesto, correrebbero il rischio di vedere soffocata la loro sapienza in mezzo al rumore dispersivo dell’informazione”.
L’urgenza di maturare una competenza digitale risponde senza dubbio all’esigenza di acquisire la capacità di padroneggiare e organizzare conoscenze e informazioni; ma essere “cittadini digitali” significa, soprattutto, riuscire a comunicare in modo responsabile attraverso la rete, prevenendo i rischi ad essa connessi. L’esperienza della Didattica a Distanza l’ha affermato con forza e i nostri allievi sono stati, per noi docenti, guide sapienti in questo avvio di percorso.
Se le sfide educative che pone oggi il nostro tempo verranno raccolte, se non dilapideremo questa occasione di crescita, l’introduzione di questo “nuovo” insegnamento avrà avuto un senso.